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A CURA DI GIULIA D'ANDREA

Il compenso degli amministratori: quali insidie?

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GIULIA D'ANDREA

Sommario

  1. Principio di deducibilità “criterio di cassa” – Fonti normative- Giurisprudenza – Prassi
  2. Condizioni di deducibilità: casi particolari.
  3. TFM
  4. Aspetto fiscale: tassazione ai fini IRES e IRAP.

 

Introduzione

Nella gestione delle società di capitali un costo insito nella natura stessa della gestione societaria è certamente quello relativo al compenso dell’organo amministrativo, sia esso in forma individuale (amministratore unico) o in forma collegiale (Consiglio di amministrazione), risultando assolutamente residuale e di certo controversa la questione riguardante i casi in cui gli amministratori prestano la propria opera gratuitamente.

Nonostante la normativa fiscale sul punto sia chiara, non mancano i contenziosi tributari, le pronunce giurisprudenziali e i documenti di prassi, come si sa nulla è come appare e ciò che accade nella realtà spesso presta il fianco a diverse interpretazioni…

Di seguito si analizzano gli aspetti principali della questione

  1. Principio di deducibilità “criterio di cassa” – Fonti normative- Giurisprudenza – Prassi.

“I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti”, lapidaria la disposizione normativa di cui all’art.95 comma 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.N.917.

Appare quindi chiaro che tali compensi assumono rilievo in base al principio di cassa, in deroga al principio di competenza di cui ai primi due commi dell’art.109 del TUIR.

La ratio della norma è da ricercare nell’esigenza di evitare che la deduzione dei compensi da parte dell’impresa fosse effettuata anticipatamente, ovvero nel periodo di competenza, rispetto alla imposizione degli stessi in capo agli amministratori che invece è condizionata alla effettiva erogazione.

Aggiusta il tiro l’Agenzia delle Entrate, la quale con Circ. 18.06.2001, n.57/E, punto 7.1, afferma che i compensi erogati all’amministratore entro il 12.01 di ciascun anno concorrono alla formazione del reddito d’impresa dell’anno precedente, questo perché tali compensi costituiscono per i percettori, a partire dal 2001, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art.50 comma1, lett. c-bis, del TUIR e per gli stessi trova applicazione  principio di “cassa allargata” di cui all’art.51, comma 1, secondo periodo.

Quest’ultima previsione opera, quindi, solo nel caso in cui il reddito dell’amministratore sia assimilabile a quello del lavoratore dipendente.

Si configura invece quale fattispecie diversa il caso dell’amministratore il cui compenso è attratto nel reddito di lavoro autonomo, qualora il compito svolto rientri nei compiti istituzionali dell’oggetto dell’arte o della professione abitualmente esercitata dal contribuente. In questo caso per la corresponsione degli emolumenti, si applica il principio di cassa puro, i compensi sono deducibili cioè nel periodo di imposta di effettiva corresponsione.

Per completezza di trattazione si precisa, infine, che i compensi erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e ai soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati a conto economico.

Particolarmente interessante sul punto risulta essere la spinosa questione dei cosiddetti amministratori “di comodo”, i cui compensi risultano essere assolutamente indeducibili (Cass.Sent. n.18448/2016), condivisibile l’interpretazione dei Supremi Giudici i quali negano la deducibilità delle somme corrisposte a soggetti che nella realtà, non avendo alcun potere decisionale, non avrebbero svolto il compito per cui percepiscono il compenso.

2.Condizioni di deducibilità: casi particolari.

Particolare attenzione va prestata alla delibera dell’assemblea dei soci di nomina degli amministratori, va infatti stabilito in tale sede il compenso da erogare a titolo di corrispettivo per l’attività prestata, quest’ultimo, secondo giurisprudenza costante (Sent.Cass.nn.21953/2015 e 24768/2015, Ordinanze nn.11779/2016, 11780/2016,11781/2016 e 8210/2017, Sent. N.884/2019), è deducibile nel periodo di imposta in cui viene stabilito con una specifica delibera assembleare dei soci, non essendo possibile “sanare” a posteriori l’assenza della “preventiva” delibera assembleare, ma vieppiù: i compensi, in mancanza di specifica delibera, non solo non possono essere dedotti ma, se già percepiti, devono essere restituiti alla società, in caso contrario si configura infatti un debito dell’amministratore nei confronti della società, atteso che la loro entità viene ad essere “auto-determinata” dagli stessi amministratori.

In linea generale gli atti di autodeterminazione dei compensi da parte degli amministratori sono nulli per violazione di norma imperativa (l’art.2389 co.1 cc)

Sulla questione si è espressa, seguendo la stessa interpretazione, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite la quale, con Sentenza n.1545/2017, ribadisce che  le delibere degli organi societari costituiscono il titolo sul quale si fondano i diritti e gli obblighi degli amministratori, in realtà, precisa la Corte di Cassazione nella Sent.n.21953/2015 la indeducibilità dei compensi “non può che rinvenirsi nella mancanza dei requisiti di certezza e determinabilità della spesa”, in definitiva la delibera conferisce “certezza alla spesa dedotta”.

Residuale il caso dell’amministratore che presta la propria opera gratuitamente, tale fattispecie è confinata di fatto alla sola ipotesi in cui tale previsione sia contemplata nello statuto, in tal caso nemmeno una delibera assembleare può, contravvenendo ad una clausola statutaria, quantificare la remunerazione spettante all’amministratore. Diversamente, nel caso in cui invece nulla sia stato stabilito in tal senso nello statuto, l’Amministratore che presta la propria opera gratuitamente può essere certamente destinatario di accertamento, trattandosi, secondo la Suprema Corte (Sent.29.01.2008 n.1915) di comportamento manifestamente antieconomico.   

D’altra parte il compenso dell’organo amministrativo può essere oggetto di rinuncia, all’uopo l’amministratore sottoscriverà una dichiarazione unilaterale di rinuncia, tuttavia la Corte di Cassazione precisa, nella Sent. N.24139 del 2018, che la mera inerzia dell’amministratore non configura rinuncia tacita al compenso.

In definitiva il comportamento corretto dal punto di vista fiscale, perché non si cada nelle maglie del fisco, deve essere univoco e chiaro, deve desumersi da atti ufficiali (Statuto societario) o da atti e comportamenti dell’amministratore dai quali si evinca la rinuncia ai compensi.

3.Trattamento fine mandato: TFM

Il tfm è un’indennità che la società può riconoscere agli amministratori una volta terminato il mandato, tale erogazione ha base assolutamente facoltativa e può esser frutto di un accordo intercorso tra la società e l’amministratore.

Nel caso in cui vi sia tale previsione ciò deve risultare da apposita delibera assembleare, in tal caso la società provvederà ad accantonare il tfm annualmente, ed esso sarà interamente deducibile.

Naturalmente la quantificazione dello stesso deve soggiacere a regole di congruità e ragionevolezza comparate al volume d’affari della società in questione nonché al compenso annualmente riconosciuto all’amministratore (è ragionevole sostenere che il tfm debba essere pari al 20-30% dell’importo annuale riconosciuto all’organo amministrativo.

4.Aspetto fiscale: tassazione ai fini IRES e IRAP.

4.1 Trattamento fiscale ai fini IRES.

La società avrà cura di portare in deduzione ai fini IRES, come già specificato nel primo paragrafo, soltanto i compensi effettivamente erogati nell’anno di imposta considerato, eccezion fatta per le somme erogate a tale titolo i primi 12 giorni dell’anno nel caso in cui si ricada nella possibilità di applicazione del principio di cassa allargato (vedi sopra). Il compenso andrà quindi iscritto in bilancio per competenza mentre è fiscalmente deducibile per cassa.

In particolare verrà effettuata in Dichiarazione dei redditi una variazione in aumento relativamente al compenso imputato al conto economico ma non erogato nell’anno ”n”, in tal caso occorre stanziare la quota di imposta anticipata inerente il compenso non corrisposto. La posta va iscritta nella voce C.II.4-ter “imposte anticipate” e nella voce 22 “imposte sul reddito d’esercizio correnti, differite e anticipate” del Conto economico (con il segno meno).

In conclusione si avrà cura si avrà cura di operare nella Dichiarazione dei Redditi una variazione in aumento del reddito per la parte del compenso non corrisposta nell’esercizio di competenza, ed una variazione in diminuzione del reddito, nel periodo di imposta in cui sarà corrisposta la somma ancora dovuta all’amministratore.

4.2 Trattamento fiscale ai fini IRAP.

Per affrontare il tema della deducibilità ai fini IRAP del compenso degli amministratori occorre preliminarmente distinguere i compensi all’amministratore unico di una società in due tipologie:

  • erogati in favore di figure professionali iscritte in appositi albi che operano quali lavoratori autonomi con partita iva;
  • erogati in favore di dipendenti della società considerata.

Nel primo caso, atteso che i percettori del compenso dichiarano il proprio reddito come reddito di lavoro autonomo e che quindi fatturano alla società il proprio compenso, la deducibilità IRAP è ammessa. La ratio della disposizione è da ricercare nella circostanza che in tal caso i compensi sono costi per servizi e che vanno ricompresi nella voce B7, pienamente deducibile ai fini IRAP (Circolare Agenzia delle Entrate 12.12.2001 n.105).

Nel secondo caso il compenso è indeducibile ai fini IRAP, ciò in quanto in tal caso il compenso percepito è fiscalmente assimilabile al reddito di lavoratore dipendente, per effetto di quanto previsto dall’art.50, comma 1 lettera c-bis, del TUIR. In questo caso la voce di costo si registra sotto la voce B9 “costi del personale”, indeducibile dalla base imponibile IRAP.

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Il compenso degli amministratori: quali insidie?

Sommario

  1. Principio di deducibilità “criterio di cassa” – Fonti normative- Giurisprudenza – Prassi
  2. Condizioni di deducibilità: casi particolari.
  3. TFM
  4. Aspetto fiscale: tassazione ai fini IRES e IRAP.

 

Introduzione

Nella gestione delle società di capitali un costo insito nella natura stessa della gestione societaria è certamente quello relativo al compenso dell’organo amministrativo, sia esso in forma individuale (amministratore unico) o in forma collegiale (Consiglio di amministrazione), risultando assolutamente residuale e di certo controversa la questione riguardante i casi in cui gli amministratori prestano la propria opera gratuitamente.

Nonostante la normativa fiscale sul punto sia chiara, non mancano i contenziosi tributari, le pronunce giurisprudenziali e i documenti di prassi, come si sa nulla è come appare e ciò che accade nella realtà spesso presta il fianco a diverse interpretazioni…

Di seguito si analizzano gli aspetti principali della questione

  1. Principio di deducibilità “criterio di cassa” – Fonti normative- Giurisprudenza – Prassi.

“I compensi spettanti agli amministratori delle società ed enti di cui all’articolo 73, comma 1, sono deducibili nell’esercizio in cui sono corrisposti”, lapidaria la disposizione normativa di cui all’art.95 comma 5 del D.P.R. 22 dicembre 1986, n.N.917.

Appare quindi chiaro che tali compensi assumono rilievo in base al principio di cassa, in deroga al principio di competenza di cui ai primi due commi dell’art.109 del TUIR.

La ratio della norma è da ricercare nell’esigenza di evitare che la deduzione dei compensi da parte dell’impresa fosse effettuata anticipatamente, ovvero nel periodo di competenza, rispetto alla imposizione degli stessi in capo agli amministratori che invece è condizionata alla effettiva erogazione.

Aggiusta il tiro l’Agenzia delle Entrate, la quale con Circ. 18.06.2001, n.57/E, punto 7.1, afferma che i compensi erogati all’amministratore entro il 12.01 di ciascun anno concorrono alla formazione del reddito d’impresa dell’anno precedente, questo perché tali compensi costituiscono per i percettori, a partire dal 2001, redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente di cui all’art.50 comma1, lett. c-bis, del TUIR e per gli stessi trova applicazione  principio di “cassa allargata” di cui all’art.51, comma 1, secondo periodo.

Quest’ultima previsione opera, quindi, solo nel caso in cui il reddito dell’amministratore sia assimilabile a quello del lavoratore dipendente.

Si configura invece quale fattispecie diversa il caso dell’amministratore il cui compenso è attratto nel reddito di lavoro autonomo, qualora il compito svolto rientri nei compiti istituzionali dell’oggetto dell’arte o della professione abitualmente esercitata dal contribuente. In questo caso per la corresponsione degli emolumenti, si applica il principio di cassa puro, i compensi sono deducibili cioè nel periodo di imposta di effettiva corresponsione.

Per completezza di trattazione si precisa, infine, che i compensi erogati sotto forma di partecipazione agli utili, anche spettanti ai promotori e ai soci fondatori, sono deducibili anche se non imputati a conto economico.

Particolarmente interessante sul punto risulta essere la spinosa questione dei cosiddetti amministratori “di comodo”, i cui compensi risultano essere assolutamente indeducibili (Cass.Sent. n.18448/2016), condivisibile l’interpretazione dei Supremi Giudici i quali negano la deducibilità delle somme corrisposte a soggetti che nella realtà, non avendo alcun potere decisionale, non avrebbero svolto il compito per cui percepiscono il compenso.

2.Condizioni di deducibilità: casi particolari.

Particolare attenzione va prestata alla delibera dell’assemblea dei soci di nomina degli amministratori, va infatti stabilito in tale sede il compenso da erogare a titolo di corrispettivo per l’attività prestata, quest’ultimo, secondo giurisprudenza costante (Sent.Cass.nn.21953/2015 e 24768/2015, Ordinanze nn.11779/2016, 11780/2016,11781/2016 e 8210/2017, Sent. N.884/2019), è deducibile nel periodo di imposta in cui viene stabilito con una specifica delibera assembleare dei soci, non essendo possibile “sanare” a posteriori l’assenza della “preventiva” delibera assembleare, ma vieppiù: i compensi, in mancanza di specifica delibera, non solo non possono essere dedotti ma, se già percepiti, devono essere restituiti alla società, in caso contrario si configura infatti un debito dell’amministratore nei confronti della società, atteso che la loro entità viene ad essere “auto-determinata” dagli stessi amministratori.

In linea generale gli atti di autodeterminazione dei compensi da parte degli amministratori sono nulli per violazione di norma imperativa (l’art.2389 co.1 cc)

Sulla questione si è espressa, seguendo la stessa interpretazione, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite la quale, con Sentenza n.1545/2017, ribadisce che  le delibere degli organi societari costituiscono il titolo sul quale si fondano i diritti e gli obblighi degli amministratori, in realtà, precisa la Corte di Cassazione nella Sent.n.21953/2015 la indeducibilità dei compensi “non può che rinvenirsi nella mancanza dei requisiti di certezza e determinabilità della spesa”, in definitiva la delibera conferisce “certezza alla spesa dedotta”.

Residuale il caso dell’amministratore che presta la propria opera gratuitamente, tale fattispecie è confinata di fatto alla sola ipotesi in cui tale previsione sia contemplata nello statuto, in tal caso nemmeno una delibera assembleare può, contravvenendo ad una clausola statutaria, quantificare la remunerazione spettante all’amministratore. Diversamente, nel caso in cui invece nulla sia stato stabilito in tal senso nello statuto, l’Amministratore che presta la propria opera gratuitamente può essere certamente destinatario di accertamento, trattandosi, secondo la Suprema Corte (Sent.29.01.2008 n.1915) di comportamento manifestamente antieconomico.   

D’altra parte il compenso dell’organo amministrativo può essere oggetto di rinuncia, all’uopo l’amministratore sottoscriverà una dichiarazione unilaterale di rinuncia, tuttavia la Corte di Cassazione precisa, nella Sent. N.24139 del 2018, che la mera inerzia dell’amministratore non configura rinuncia tacita al compenso.

In definitiva il comportamento corretto dal punto di vista fiscale, perché non si cada nelle maglie del fisco, deve essere univoco e chiaro, deve desumersi da atti ufficiali (Statuto societario) o da atti e comportamenti dell’amministratore dai quali si evinca la rinuncia ai compensi.

3.Trattamento fine mandato: TFM

Il tfm è un’indennità che la società può riconoscere agli amministratori una volta terminato il mandato, tale erogazione ha base assolutamente facoltativa e può esser frutto di un accordo intercorso tra la società e l’amministratore.

Nel caso in cui vi sia tale previsione ciò deve risultare da apposita delibera assembleare, in tal caso la società provvederà ad accantonare il tfm annualmente, ed esso sarà interamente deducibile.

Naturalmente la quantificazione dello stesso deve soggiacere a regole di congruità e ragionevolezza comparate al volume d’affari della società in questione nonché al compenso annualmente riconosciuto all’amministratore (è ragionevole sostenere che il tfm debba essere pari al 20-30% dell’importo annuale riconosciuto all’organo amministrativo.

4.Aspetto fiscale: tassazione ai fini IRES e IRAP.

4.1 Trattamento fiscale ai fini IRES.

La società avrà cura di portare in deduzione ai fini IRES, come già specificato nel primo paragrafo, soltanto i compensi effettivamente erogati nell’anno di imposta considerato, eccezion fatta per le somme erogate a tale titolo i primi 12 giorni dell’anno nel caso in cui si ricada nella possibilità di applicazione del principio di cassa allargato (vedi sopra). Il compenso andrà quindi iscritto in bilancio per competenza mentre è fiscalmente deducibile per cassa.

In particolare verrà effettuata in Dichiarazione dei redditi una variazione in aumento relativamente al compenso imputato al conto economico ma non erogato nell’anno ”n”, in tal caso occorre stanziare la quota di imposta anticipata inerente il compenso non corrisposto. La posta va iscritta nella voce C.II.4-ter “imposte anticipate” e nella voce 22 “imposte sul reddito d’esercizio correnti, differite e anticipate” del Conto economico (con il segno meno).

In conclusione si avrà cura si avrà cura di operare nella Dichiarazione dei Redditi una variazione in aumento del reddito per la parte del compenso non corrisposta nell’esercizio di competenza, ed una variazione in diminuzione del reddito, nel periodo di imposta in cui sarà corrisposta la somma ancora dovuta all’amministratore.

4.2 Trattamento fiscale ai fini IRAP.

Per affrontare il tema della deducibilità ai fini IRAP del compenso degli amministratori occorre preliminarmente distinguere i compensi all’amministratore unico di una società in due tipologie:

  • erogati in favore di figure professionali iscritte in appositi albi che operano quali lavoratori autonomi con partita iva;
  • erogati in favore di dipendenti della società considerata.

Nel primo caso, atteso che i percettori del compenso dichiarano il proprio reddito come reddito di lavoro autonomo e che quindi fatturano alla società il proprio compenso, la deducibilità IRAP è ammessa. La ratio della disposizione è da ricercare nella circostanza che in tal caso i compensi sono costi per servizi e che vanno ricompresi nella voce B7, pienamente deducibile ai fini IRAP (Circolare Agenzia delle Entrate 12.12.2001 n.105).

Nel secondo caso il compenso è indeducibile ai fini IRAP, ciò in quanto in tal caso il compenso percepito è fiscalmente assimilabile al reddito di lavoratore dipendente, per effetto di quanto previsto dall’art.50, comma 1 lettera c-bis, del TUIR. In questo caso la voce di costo si registra sotto la voce B9 “costi del personale”, indeducibile dalla base imponibile IRAP.